“Pompeii and Herculaneum represent extraordinary windows into the life of the ancient Romans”. Pompei ed Ercolano rappresentano davvero, come scrive la prestigiosa rivista Nature, una straordinaria finestra sulla vita degli antichi romani.
È l’antica Roma che si è svelata, infatti, in una delle scoperte – scientifiche e archeologiche – tra le più affascinanti che si ricordino, tanto da guadagnarsi un grande spazio su una delle più antiche e importanti riviste scientifiche esistenti, forse in assoluto quella considerata di maggior prestigio a livello internazionale.
Parliamo della scoperta della bottiglia di olio di oliva più antica del mondo, sopravvissuta all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., catastrofe narrata con dovizia di particolari da uno degli storici più importanti della storia dell’umanità: Plinio il Giovane.
A riportare la notizia dell’incredibile scoperta anche il sito dell’Università di Napoli, protagonista degli studi effettuati sull’olio più antico della storia, grazie alla sua facoltà di Agraria.
“Nell'ambito di una collaborazione tra Dipartimento di Agraria dell'Università Federico II e Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – si legge - avente come oggetto lo studio sistematico dei reperti organici conservati nei depositi del MANN, nel 2018 un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Agraria (DiA) aveva avviato una ricerca sul contenuto di una bottiglia di vetro conservata nei depositi del Museo”.
L’ateneo di Napoli ricorda che “I depositi del MANN custodiscono i materiali recuperati nelle fasi più antiche degli scavi avviati da re Carlo di Borbone in area vesuviana quindi il periodo borbonico ed i decenni successivi; la bottiglia in particolare pare provenire da Ercolano, ma, analogamente a molti altri reperti, con il tempo è andata perduta l'informazione relativa all'epoca del suo recupero”.
Particolare anche l’origine della scoperta: “Lo spunto che ha dato l'avvio a questo studio si deve ad Alberto Angela (noto divulgatore scientifico italiano, ndr) che durante un sopralluogo ai depositi del MANN notò il fatto che la bottiglia fosse ancora piena per più di metà del suo contenuto. L'ipotesi di Angela era che si potesse trattare di vino, ma le analisi hanno portato ad un risultato diverso e per molti versi sorprendente ed inatteso”.
Dalla curiosità agli studi, fino alla scoperta che ha fatto il giro del mondo: “Le ricerche condotte da un team multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sacchi, del Dipartimento di Agraria, hanno consentito per la prima volta di verificare l'autenticità e caratterizzare l'identità molecolare di un campione di olio di oliva conservato all'interno di una bottiglia di vetro sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 dC”.
Molto interessanti gli studi sulle trasformazioni subite dall’olio di oliva in oltre due millenni: “Gli studi effettuati dal team di ricercatori dell'Università di Napoli Federico II, del CNR e dell'Università della Campania Vanvitelli hanno dimostrato che il materiale organico originariamente presente nella bottiglia era olio d'oliva, che, per effetto delle alte temperature a cui la bottiglia è stata esposta al momento dell'eruzione del Vesuvio e dei profondi cambiamenti che si sono verificati nei quasi due millenni di conservazione in condizioni incontrollate, porta le tracce di profonde modificazioni chimiche tipiche dei grassi alimentari alterati. Rispetto a questi ultimi – scrivono gli esperti - è sopravvissuto davvero molto poco delle tipiche molecole dell'olio d'oliva: i trigliceridi che rappresentano il 98% dell'olio si sono scissi negli acidi grassi costitutivi; gli acidi grassi insaturi si sono completamente ossidati generando degli idrossiacidi che a loro volta, con una lenta cinetica, nel corso di circa 2000 anni, hanno reagito fra di loro formando dei prodotti di condensazione, le estolidi, mai osservati in precedenza nei processi convenzionali di alterazione naturale dell'olio d'oliva. La sostanza grassa (d) nel corso dell'irrancidimento ha, inoltre, prodotto una moltitudine di sostanze volatili che sono quelle rintracciabili in un olio fortemente rancido, derivanti dalla decomposizione dell'acido oleico e linoleico. Il profilo degli acidi grassi saturi e quello dei fitosteroli hanno consentito, poi, di stabilire con certezza che la materia grassa era di origine vegetale e non conteneva grasso di origine animale, ampiamente utilizzato dalle popolazioni dell'epoca, e che si trattava inequivocabilmente di olio di oliva”.
Il valore della scoperta, anche per i non addetti ai lavori – è evidente: "Si tratta del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità, la più antica bottiglia d'olio del mondo – ha commentato Raffaele Sacchi. L'identificazione della natura della ‘bottiglia d'olio archeologico' ci regala una prova inconfutabile dell'importanza che l'olio di oliva aveva nell'alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix".
Ancora una volta gli antichi romani si rivelano i padri nobili della produzione di un estratto che resiste ai millenni per bontà, pregio e qualità.
Fonti:
12 novembre 2021